The Stray

 

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The Stray, Margaret Keane

 

Non ricordo neanche piu’ quando ho scritto questo pezzo. Mi sono ricordata di non averlo pubblicato prima per il semplice fatto che non avevo trovato una foto/immagine che mi convincesse, ed invece oggi mi sono ricordata di questo quadro di Margaret Keane, il randagio.

Nel passato, come ieri, si ritorna sempre al solito concetto:

Helmer: Parli come una bambina. Non capisci nulla della società in cui vivi.
Nora: No, non capisco. Ma ora voglio riflettere. Devo riuscire a vedere chi ha ragione, se la società o io.

(Casa di bambola, Henrik Ibsen)

Proprio come Nora, prendere consapevolezza delle proprie intenzioni e delle proprie idee tante volte è questione anche solo di un attimo. Un secondo.
Per me non è stato un attimo e neanche di un secondo. E’ stato il frutto di lacrime, malumore e malessere non solo interiore ma anche esteriore.

La paura è sempre quella: essere abbandonata, ma che senso ha rimanere ancorata ad un’idea che non porta giovamento? Che senso ha rimanere ancorata all’idea di una persona se essa non si adegua alle aspettative che avevi di lei? Che senso ha rimanere affezionata ad una persona che in poco tempo ti ha deluso totalmente?
Ora, come ho detto a lui, come ho ripetuto più volte a me stessa: le colpe sono solo a metà.

Nonostante io sia maturata – e non posso negarlo nonostante la mia natura da perenne modesta – inevitabilmente sono ancora ingenua, sono ancora una bambina, in certi contesti. Credo che non sia solo una colpa, ma anche un pregio.
Diventa colpa quando affidi la cosa più pura che una persona può avere: una sana innocenza, ad una persona che non sa apprezzare tale di personalità.
Eccomi ora, ancora una volta, alla prova con la società. Eccomi ancora una volta a ripetermi che no, io non devo cambiare, non devo snaturarmi. Non sono una cattiva persona.
D’altronde il mio mantra è sempre il sottotitolo del mio blog:
Don’t break character, you’ve got a lot of heart.

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